Un Disturbo Alimentare si lega spesso alla propria identità, si inserisce in quelle crepe in cui ci si domanda chi si è ma non si è in grado di rispondere. La nostra identità si costruisce anche attraverso la cultura che apprendiamo, le esperienze che facciamo e la società che viviamo. Questo modulo guarda alle nuove necessità di chi vive oggi un Disturbo Alimentare per decostruire a livello clinico, sociale e culturale l’idea che i DCA riguardino solo le ragazze bianche, adolescenti e cisgender.
Quali sono le sfide che può dover affrontare una persona appartenente a una minoranza sessuale (non etero/cis sessuale) nella società contemporanea, e quale impatto queste possono avere sulla salute mentale?Quali stereotipi e falsi miti possono ostacolare un processo di cura attento alle specificità di ogni singola storia, nell’ottica di un approccio clinico davvero inclusivo e non giudicante? Di disturbi alimentari si ammalano davvero solo le donne? Queste sono alcune delle domande che troveranno risposta durante la formazione, che verterà sull’intersezione tra identità di genere, orientamento sessuale e disturbi alimentari. Alla luce di un’ampia e crescente letteratura – a partire dal modello del Minority Stress (Meyer, 1995-2003) – verranno indagati gli specifici fattori di rischio e di mantenimento per i disturbi alimentari nelle persone LGBTQIA+ (Parker & Harriger, 2020), tra cui i vantaggi secondari offerti dai sintomi che possono ostacolare il successo terapeutico (Mc Gregor et al., 2023). Verranno esplorati i significati che possono celarsi dietro a un efferato attacco al corpo, la densità dei conflitti che possono accompagnare la scoperta di una sessualità non conforme e la centralità della loro risoluzione nel processo di cura (Lingiardi et al., 2023).
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Si chiama “SWAG Stereotype” quell’assunzione (errata) secondo cui a soffrire di Disturbi Alimentati siano solo ragazze, bianche, in età adolescenziale e con un alto status socio economico. In questo modulo sveleremo come i DCA siano patologie demografiche che possono riguardare tutt* noi e di come la rappresentazione della comunità BIPOC e delle persone afrodiscendenti sia fondamentale affinché anche le cure le cure siano più accessibili, inclusive e realistiche.
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Storicamente, i disturbi alimentari sono stati associati principalmente a donne di etnia bianca, eterosessuali e con una corporatura esile. Questo stereotipo limitato riduce le possibilità che persone omosessuali, transgender o di etnie diverse possano ricevere una diagnosi e un trattamento adeguati per i disturbi alimentari. In una recente review sono state esaminate 20 pubblicazioni dei 5 anni precedenti e sono emersi tassi significativamente più elevati di sintomi di disturbi alimentari tra i giovani transgender rispetto ai loro coetanei cisgender.
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Il termine “grassofobia” designa una forma di pregiudizio, avversione e discriminazione nei confronti delle persone con corpi grassi, dovuta a una paura del grasso corporeo. Tale fenomeno si esprime attraverso stereotipi negativi e atteggiamenti sociali discriminatori e stigmatizzanti. La grassofobia abita anche l’ambito medico: secondo uno studio di Phelan et al, molti professionisti sanitari adottano atteggiamenti grassofobici nei confronti delle persone con corpi grassi. Il pregiudizio sul peso può portare a diagnosi errate e a cure di qualità inferiore per i pazienti affetti da obesità, i quali vengono considerati pigri o privi di disciplina. Questo modulo fornisce strumenti e competenze per un costruire ambienti clinici senza pregiudizi o stereotipi.
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In questo modulo imparerai a: